martedì 4 agosto 2009

da wall street italia...

BORSA: DAL RIMBALZO ALL'ENNESIMA BOLLA

di Alfonso Tuor

Ma stiamo veramente uscendo dalla crisi? E il «bear market» (la fase di mercato ribassista) è veramente finito, per cui i minimi dello scorso marzo non verranno più toccati? Attenzione. Allarme. Alert. Non fidarsi e' obbligatorio.

 
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Le borse volano grazie ad utili trimestrali superiori alle previsioni. Il rally dei mercati azionari si sta rivelando talmente prolungato e consistente da spingere alcuni a sostenere che la crisi sia finita e che sia prossima la ripresa dell’economia. 

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Ma stiamo veramente uscendo dalla crisi? Inoltre il «bear market» (la fase di mercato ribassista) è veramente finito, per cui i minimi dello scorso marzo non verranno più toccati? Indubbiamente stiamo assistendo ad una delle più lunghe e delle più forti fasi di rialzo delle borse. Questo movimento non deve comunque impressionare più di tanto. In primo luogo gli utili trimestrali, soprattutto quelli americani, sono migliori delle aspettative, ma non è tutto oro quello che luccica. Infatti, come ha sottolineato il quotidiano britannico «The Financial Times», la settimana scorsa la stima media degli analisti calcolata da Thomson Reuters prevedeva che gli utili delle 500 società che compongono l’indice Standard & Poor’s sarebbero scesi del 35,1%. I risultati resi noti questa settimana mettono in luce che il calo è solo del 31%. Quindi, i risultati sono migliori delle aspettative, ma sono pur sempre negativi. 

Ancora più macroscopico è il contrasto con le previsioni degli analisti formulate all’inizio di quest’anno. Allora questi prevedevano un calo dell’11% degli utili nel secondo trimestre, invece, come scritto sopra, il calo è stato del 31%. Eppure l’indice S&P 500 è salito dall’inizio dell’anno di circa il 10%. Ma c’è di più. I ricavi sono diminuiti. Quindi gli utili sono calati meno delle aspettative, poiché le società hanno tagliato rapidamente i costi. Ciò vuol dire che hanno ridotto gli investimenti, molte spese e soprattutto hanno licenziato. Il conseguente forte aumento della disoccupazione non è però sicuramente un fattore che favorisce l’uscita dalla crisi. È quindi difficilmente comprensibile che le borse continuino a salire. 

La seconda spiegazione di questo rally, che va per la maggiore, è che il mercato sale poiché le società hanno fornito indicazioni positive sulle prospettive dei loro affari. La realtà però non sostiene questa tesi. Molte società hanno segnalato che si aspettano un leggero miglioramento delle loro attività rispetto alla forte contrazione accusata tra la fine dell’anno scorso e l’inizio di questo. Altre hanno dichiarato di non vedere ancora la luce in fondo al tunnel. Queste previsioni sono assolutamente compatibili con lo scenario di una stabilizzazione a bassi livelli dell’attività economica dopo la forte contrazione degli ultimi mesi. Le previsioni dei manager non suffragano invece l’ipotesi di una ripresa dell’economia e quindi il prolungarsi ulteriore di questo rally borsistico. 

Le ragioni sono probabilmente altre: un rimbalzo tecnico che ora rischia di trasformarsi in una bolla speculativa alimentata dalla liquidità iniettata dalle banche centrali. A Wall Street si dice che anche un gatto che cade da un grattacielo rimbalza. E infatti il rimbalzo è iniziato in marzo, quando si era diffusa la convinzione che le autorità politiche e monetarie avrebbero impedito un collasso del sistema bancario internazionale. A sostegno di questa tesi basta ricordare che il rimbalzo dei mercati è stato inizialmente trainato proprio dai titoli bancari. 

Il rimbalzo delle borse era nelle carte. Infatti anche l’indice giapponese Nikkei, dopo un crollo all’inizio degli anni Novanta, rimbalzò di più del 50%. Altrettanto fece l’indice Dow Jones dopo il crollo del 1929. In ambedue i casi i minimi segnati nella prima fase di ribasso si rivelarono solo temporanei. Nel caso del Giappone il mercato azionario continua ad essere intrappolato in una fase ribassista di lungo periodo, per cui all’inizio di quest’anno ha registrato un nuovo minimo storico. 

Ma ora il rialzo dei mercati sta trasformando questo rimbalzo in qualcos’altro. Stando all’analisi tecnica, sta «rompendo» livelli che segnerebbero l’uscita dalla «trappola ribassista» e anticiperebbero ulteriori rialzi. In questa sede non vogliamo formulare alcuna previsione, ma sostenere che un ulteriore rialzo dei mercati sarebbe da interpretare come la formazione di un’altra bolla speculativa, alimentata dalla enorme liquidità iniettata dalle banche centrali. 

I dati dimostrano che le banche sia in Europa sia negli Stati Uniti stanno stringendo i cordoni del credito. E’ quindi ipotizzabile che il sistema bancario non stia usando questa enorme quantità di capitali per sostenere la ripresa economica, ma per investire in borsa. Il rialzo dei mercati azionari è ben visto da tutti: dalle banche centrali e dai Governi, poiché infonde ottimismo e allenta la crisi finanziaria; dalle grandi banche, poiché ha un effetto tonificante sui bilanci, dato che fa salire gli utili legati alle commissioni e alle attività di trading. Non è nemmeno escluso che negli Stati Uniti si punti alla formazione di una nuova bolla speculativa per superare la crisi attuale determinata proprio dallo scoppio della bolla del credito. 

Sarebbe la ripetizione di quanto fece all’inizio di questo decennio la Federal Reserve, che per superare la crisi determinata dal crollo delle borse favorì la formazione di una bolla speculativa nel mercato immobiliare e un forte aumento dell’indebitamento degli americani. Questa ricetta può funzionare solo nel breve termine, poiché le bolle finanziarie hanno un esito certo: prima o poi scoppiano con gravi conseguenze anche per l’economia reale. 

In conclusione, ulteriori rialzi dei listini azionari segnerebbero il formarsi di un’altra bolla speculativa. L’impennata delle borse non indicherebbe l’approssimarsi di una reale ripresa dell’economia, anche perché non avrebbe la forza di sanare i guai economici venuti alla luce con l’attuale crisi. Permetterebbe solo di guadagnare un po’ di tempo. Questo dimostra quanto sia difficile riportare l’economia mondiale su una via di crescita sana e duratura e quanto poco efficaci siano state finora le misure attuate dalle autorità politiche e monetarie. 

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